“Il Jing è ciò che permette ai viventi di sopravvivere”
Ling Shu, cap. 8 Tweet
Jing è un termine che chi si occupa di Medicina Cinese, o semplicemente vi si appassiona, incontrerà infinite volte, insieme a Shen, Qi e agli ormai sdoganati (ma non sempre ben compresi) Yin e Yang. Viene spesso tradotto con “essenza”. Cosa intendiamo esattamente con questa parola?
Come sempre, per una comprensione efficace del termine, diamo uno sguardo al carattere cinese:
A sinistra troviamo un primo carattere (Mi), che rappresenta un chicco di grano spaccato in quattro per azione della battitura.
Questo elemento indica la potenzialità: il seme ha in sé, ancora inespressa, la potenzialità della pianta; troviamo in questo radicale anche i concetti di forma ed energia: il chicco è la forma e l’energia è la spinta impressa dalla battitura, che ne proietta i frammenti nelle 4 direzioni. Il chicco così decorticato rappresenta qualcosa di raffinato, puro, sottile.
A destra, il secondo carattere (Qing) ha il significato di “verde brillante”, il colore dei germogli e della vegetazione a primavera, indice di vitalità e vigore: ci ricorda la viriditas di cui parlava Ildegarda di Bingen.
Questo carattere può essere ulteriormente scomposto in due pittogrammi: quello superiore (Cheng) vuol dire “generare, nascere, vivere” e riporta alla vitalità della vegetazione. Quello inferiore (Tan) rappresenta il cinabro nel crogiolo dell’alchimista. Il rosso del cinabro in basso e il verde brillante in alto riflettono, anche nella disposizione, la complementarità yin-yang, e la loro mescolanza crea tutti gli altri colori e le loro innumerevoli sfumature. È il cinabro, con le sue trasformazioni continue, a dare vigore e linfa alla vegetazione che si esprimerà in un verde brillante.
Il Jing nel suo complesso è la quintessenza, la qualità degli esseri. Pur non avendo forma è la matrice di tutte le forme; pur essendo privo di dinamismo proprio, non è inerte: per manifestarsi ed esprimere la propria potenzialità deve interagire con altro: perché il seme germogli c’è bisogno di sole, terra, acqua. Questo è ciò che si intende quando traduciamo il termine Jing come “essenza”.
Il Jing permea tutte le cose e la sua potenzialità intrinseca è il terreno necessario allo sviluppo della vita, per questo rappresenta l’impalcatura di base delle forme viventi, sulla quale si strutturano e si mantengono nel tempo.
Bisogna rafforzarlo e conservarlo il più possibile: i nostri genitori ci forniscono una certa quantità di Jing alla nascita, che però si consuma nel corso della vita. Questo è il Jing innato, ereditario, ancestrale, che determina la struttura, la costituzione, le caratteristiche fisiologiche e la predisposizione a disturbi specifici. È possibile conservarlo al meglio attraverso un corretto stile di vita, ma non si può recuperare una volta consumato. Al contrario, un cattivo stile di vita porta al prematuro decadimento del Jing: le principali cause di depauperamento sono, per esempio, un deficit di Jing ereditario (come in chi nasce da genitori troppo anziani o viene concepito in stato di ubriachezza o sotto effetto di droghe), gravidanze ravvicinate, malattie croniche fisiche e psichiche, stress, superlavoro, alimentazione eccessiva, insufficiente o errata.
C’è poi un Jing acquisito, che produciamo quotidianamente estraendolo dagli alimenti (che non includono soltanto il cibo ma anche la respirazione, l’aria, la luce, l’ambiente fisico ed emotivo, i sentimenti, le compagnie, il nutrimento intellettuale). Questo Jing si può recuperare: se attingiamo al magazzino del Jing acquisito – naturalmente prestando attenzione alla qualità degli elementi con cui lo rimpinguiamo ogni giorno – senza intaccare quello del Jing ancestrale, potremo conservare un buono stato di salute e di vitalità e avere una maggiore aspettativa di vita. Anche la corretta attività fisica, le ginnastiche medicali come il Qigong e le pratiche bioenergetiche di sostegno nutrono e conservano il Jing.