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Athelas

Studio di Medicina Cinese e Discipline Bionaturali

Fitoterapia tra Oriente e Occidente

La fitoterapia moderna è quella più conosciuta e praticata oggi in Occidente. E una scienza che studia il corretto uso delle piante officinali e dei loro derivati per trattare o prevenire molti disturbi, a scopo medico o salutistico, seguendo gli stessi principi della medicina convenzionale.

Secondo l’OMS si considerano fitomedicine i preparati medicinali finiti, testati e provvisti di etichetta, che contengono principi attivi di origine esclusivamente vegetale e il cui effetto dipende dalla natura e dalla concentrazione dei costituenti farmacologicamente attivi.

Ci sono casi in cui i fitoterapici riconosciuti dal Ministero della Sanità, se assunti sotto supervisione medica, possono curare efficacemente alcune malattie; in altri casi sostengono la terapia medica e in altri ancora hanno un valore preventivo.

Esattamente come accade per i farmaci di sintesi, i principi attivi contenuti nei fitoterapici hanno una soglia minima di efficacia, dovuta al dosaggio, sotto la quale i risultati sono minimi o addirittura nulli.

La Fitoterapia Tradizionale in Cina

La Medicina Cinese integra da millenni nel suo complesso sistema terapeutico l’uso delle piante medicinali per il trattamento di tutte le malattie.

Molte delle antiche formule cinesi sono state sottoposte a studi di farmacodinamica per comprenderne meglio l’azione sull’organismo.

I trattati di fitoterapia cinese oggi conosciuti sono numerosi e permettono di attingere a un bacino inesauribile di ricette e preparati. I primi di cui abbiamo notizia risalgono al III secolo a.C. e sono raccolti nel Wu Shi Er Bing Fang (“Ricette per 52 Malattie”), che comprende 242 rimedi, e nello Shen Nong Ben Cao (“Classico di Materia Medica dell’Imperatore Shen Nong), che ne comprende 375.

Ancora oggi utilizziamo molte formule contenute nello Shang Han Lun (“Trattato delle Malattie Indotte dal Freddo”, II sec. a.C.) e nel Jin Gui Yao Lue Fang (“Sinossi delle Prescrizioni della Camera d’Oro”), di Zhang Zhong Jing.

Anche Sun Si Miao, uno dei più noti medici cinesi, vissuto intorno al 682 d.C, si è occupato di fitoterapia nel Ben Ji Qian Jin Yao Fang (“Prescrizioni che Valgono Mille Ducati d’Oro”) e nel Qian Jin Yi Fang (“Supplemento alle Prescrizioni che Valgono Mille Ducati d’Oro”).

Sotto la dinastia Tang (VII sec.) la Cina conobbe un periodo di riunificazione nel quale nacque l’Accademia Imperiale di Medicina e tutte le conoscenze raccolte a proposito di erbe medicinali confluirono in un unico testo, il Tang Ben Cao (“Materia Medica dei Tang”).

Nel successivo periodo Song il medico Wang Hai Yin scrisse il Tai Ping Sheng Cui Fang (“Prescrizioni dell’era Tai Ping”), che conteneva ben 16834 ricette per 16834 malattie diverse.

A Chen Shi Wen dobbiamo il Tai Ping Hui Min He Ji Ju Fang (“Prescrizioni della Farmacia e del Soccorso Armonioso dell’era Tai Ping”), con 788 prescrizioni ancora utilizzate, tra le quali il noto Si Wu Tang (“Decotto delle 4 Sostanze”), ottimo tonico del sangue.

Nel periodo del medioevo cinese si differenziarono le varie scuole di medicina: della tonificazione della Terra, della refrigerazione, della nutrizione dello yin, della purgazione e altre, ognuna delle quali portò avanti un proprio metodo di ricerca e di terapia.

Ci sono poi tre testi di particolare importanza: il Ben Cao Gang Mu (“Compendio della Materia Medica”) di Li Shi Zen (1518-1593), medico della dinastia Ming, che comprende 1892 sostanze per 11000 prescrizioni, il Wen Re un (“Discussione sulle Malattie Tiepide e Calde”) di Ye Tian Shi (1666-1745) e il Wen Bing Tao Bian (“Differenziazione sistematica delle malattie febbrili”) di Wu Tang (1758-1836).

Gli ultimi due furono scritti a cavallo tra la seconda metà del 1700 e l’inizio del 1800 e trattano di malattie epidemiche che si erano manifestate anche in Occidente. Molte delle formule in essi contenute sono tuttora utilizzate per curare patologie di natura virale o batterica che colpiscono soprattutto le prime vie aeree.

Nell’ambito del crescente interesse e della diffusione della Medicina Cinese in Occidente, l’agopuntura e il Tuina sono state le discipline più studiate, mentre la farmacopea fitoterapica è rimasta nell’ombra fino a pochissimo tempo fa.

La Fitoterapia Energetica con rimedi occidentali

È una disciplina recentissima, nata 40-50 anni fa in Francia e importata in Italia da Leonardo Paoluzzi e Carlo di Stanislao. Gli studi in merito sono ancora pochi: nonostante i principi energetici della Medicina Cinese siano noti e perfettamente applicabili alle piante occidentali, l’osservazione e la catalogazione secondo tali principi sono praticamente appena iniziate.

Le erbe occidentali si studiano oggi in modo scientifico, cioè in base alle loro proprietà biochimiche e ai principi attivi; mentre in un farmaco di sintesi troviamo quasi sempre un solo principio attivo, in una pianta ne possiamo avere anche migliaia: studiare come si comporta una pianta da un punto di vista biochimico è molto più complesso che studiare un farmaco. Nelle piante, inoltre, sono presenti anche i cosiddetti “principi inerti”, che insieme a quelli attivi formano il fitocomplesso; i principi inerti sono tali se considerati isolatamente, ma interagiscono con i principi attivi creando una sinergia. I principi attivi, a loro volta, interagiscono anche fra loro. Isolare i principi attivi e considerarli avulsi dal contesto non permette di coglierne la complessità: il fitocomplesso, di per sé, è perfettamente bilanciato: ci sono principi attivi che modulano l’azione di altri o che la potenziano; questi principi, inoltre, sono presenti in tracce di cui è difficile precisare ruolo, sistema di titolazione e di estrazione. La funzione terapeutica dipende dalla pianta nel suo insieme, dal luogo di coltivazione, dalla quantità di luce e di umidità, dal periodo dell’anno e dall’ora del giorno in cui viene raccolta: l’azione risulta allora diversa e superiore rispetto alla somma delle azioni dei costituenti biochimici.

Il termine greco φυτόν (phytòn) significa “pianta” ma anche “creatura”, dalla radice del verbo φύω (“nascere”, “crescere”, “generare”). In Fitoterapia Energetica le piante sono considerate esseri viventi e individui, e in quanto tali capaci di stabilire relazioni con il contesto ambientale: la terra, le altre piante, gli animali, l’uomo. Questo fa sì che ogni singolo esemplare sviluppi il suo unico e irripetibile fitocomplesso: per esempio una menta raccolta d’estate in un luogo caldo e una raccolta d’inverno in montagna avranno caratteristiche diverse: il mentolo è una sostanza che la pianta produce per proteggersi dal caldo; una menta nata e cresciuta in un luogo freddo produrrà meno mentolo e più altre sostanze.

Le preparazioni usate in Fitoterapia Energetica sono le stesse della fitoterapia scientifica: infusi, decotti, tinture, estratti fluidi, macerati, capsule, compresse, sciroppi, oleoliti, oli essenziali. Quello che cambia sono i criteri diagnostici (che sono quelli propri della Medicina Cinese) e il modo di considerare le piante: quello che si cerca non è l’efficacia dei principi attivi ma una vera e propria relazione personale tra la pianta e chi la assume. Ci si può muovere su più livelli: dalla conoscenza delle caratteristiche energetiche delle piante a quello più sottile e profondo che cerca la risonanza perfetta tra la pianta e l’individuo.  Si tratta di un processo terapeutico che non si oppone alla chimica e alla biologia ma le integra in un contesto più ampio e personale: le piante sono interattive e dinamiche e reagiscono in modo intelligente non solo alla persona che le assume, ma anche al livello di consapevolezza del terapeuta.

Anche se è importante conoscere i tempi balsamici della pianta, in Fitoterapia Energetica non è fondamentale rispettarli: si raccoglierà in momenti diversi a seconda del tipo di energia che si vuole imprimere e della parte della pianta che si vuole usare.

Ogni principio vegetale deve essere analizzato sia sotto il profilo chimico-farmacologico sia sotto il profilo energetico: nei testi antichi (Shen Nong, Ben Cao Gang Mu) le proprietà energetiche sono catalogate secondo le quattro nature (fredda, fresca, tiepida, calda) e i cinque sapori (salato, acido, dolce, amaro, piccante). Bisogna poi tenere presente i Meridiani destinatari e il modo in cui le proprietà della pianta influenzano il Qi (cioè se lo portano in alto, in basso, in superficie o in profondità), l’eventuale livello di tossicità, le controindicazioni, le associazioni, il tipo di preparazione e il dosaggio.

La Cina è stata il luogo in cui lo studio degli aspetti energetici della fitoterapia si è espresso al meglio e più a lungo, ma anche nel resto del mondo questi concetti sono conosciuti: nei libri vedici, precolombiani ed egizi, per esempio, si parla di sapore e natura delle piante.


In Europa non sono mancate figure capaci di “leggere” le piante con queste chiavi: l’esempio più noto (ma certo non l’unico) è quello di Ildegarda di Bingen (1098-1179), la cui visione dell’uomo nella sua interdipendenza con il macrocosmo è molto simile a quella che sta alla base della Medicina Cinese: la causa degli squilibri che portano alle malattie è da ricercare nella perdita di connessione tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda.

In Causae et Curae non descrive solo le caratteristiche morfologiche delle piante e la loro segnatura, come era frequente nei trattati medievali di erboristeria, ma illustra anche l’effetto del rimedio nella sua specifica relazione con l’individuo utilizzando terapie mirate in base al sesso, all’età, alla costituzione personale: ogni disarmonia tra gli umori (bile gialla, sangue, flegma, bile nera) necessitava di una cura ad hoc basata sulle diverse nature dei rimedi (calda, fredda, secca, umida) in relazione all’uomo.